Il mio primo ritratto realistico

Ho sempre amato disegnare. In ogni angolo della mia memoria si trova qualche foglio che ho pasticciato in modo spontaneo ed ingenuo.

Tuttavia non ho mai seguito un corso o una scuola dedicata al disegno, né ne ho mai sentito realmente il bisogno: d’altronde per me si trattava nient’altro che di un hobby.

Nell’ultimo anno, però, ho iniziato a sentire un crescente bisogno di trovare un modo per esprimere quello che ho dentro, e mi sono accorta che senza un minimo di tecnica le mie idee non riuscivano a trovare il loro spazio nel mondo esterno.

Così, quest’estate ho frequentato un corso serale di ritratto realistico che, grazie alla sapiente guida del Prof. Aleksander Velišček, mi ha insegnato a non dare per scontato i mille utilizzi che semplici strumenti come gomma e matita possono avere.

Ho adorato imparare a creare ritratti realistici, perché impari a conoscere ed apprezzare un volto nei suoi minimi dettagli, nelle sue più piccole imperfezioni che lo rendono unico al mondo.

Questo è il mio primissimo ritratto realistico, che nonostante i suoi difetti mi rende tutto sommato orgogliosa: non solo perché il soggetto è bene o male comprensibile (si capisce di chi si tratta, vero?), ma perché il mio obiettivo era prima di tutto quello espressivo.

Volevo trasmettere l’emotività che Fantozzi rappresenta con quest’espressione al contempo abbattuta, triste, schifata, arrabbiata e determinata, con quel senso di rivalsa che trasforma ogni sua azione in comicità.

Ed è un’espressione talmente complessa che sono sicura di non averla resa appieno. Ma essendo la mia prima volta, sicuramente non avevo ancora la capacità di farlo.

Adoro la rappresentazione tragicomica che il personaggio più amato di Paolo Villaggio porta con sé sia attraverso i libri e film comici a lui dedicati, sia attraverso un suo semplice e penetrante sguardo.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.